Donne e media Blog

Se gli stereotipi colpiscono pure al Campiello

da The Frontpage (http://www.thefrontpage.it/2010/09/08/avallone-silvia/)

 

Avallone, Silvia

 

di Sabina Ambrogi

 

La polemica nata dall’uscita di Vespa, che si complimentava per il decolleté di Silvia Avallone  vincitrice del Campiello opera prima, esalta ancora meglio la posizione  dell’Italia in Europa e nel mondo come uno degli ultimi  paesi per le Pari Opportunità, e quindi come modernità, essendo quest’ultima  valutabile appunto dal ruolo delle donne nella società e dai simboli che tale  società produce.

Così un vecchio signore con il ruolo di conduttore (fin troppo facile ricordare il politico che gli corrisponde) che si complimenta con una giovane donna, in un contesto culturale pubblico, per un dato accessorio come quello estetico, è fortemente simbolico e rilevante sul piano politico.

Del resto l’anno scorso Rai Uno pubblicizzò Miss Italia con questo slogan: “la bellezza è talento”.

E come al solito, quando si parla di donne e c’è da difendere il sottosviluppo, Sgarbi è sempre in prima linea a pasticciare argomenti elevati (mai approfonditi) e discorsi da osteria, a confondere gli effetti con le cause, soffermandosi solo sul pezzettino di verità che gli fa comodo.

Cerca di buttarla sulla filosofia nel suo articolo sul Giornale a difesa di Vespa, ma il dibattito sulle donne, nella narrazione mediatica subculturale, e quindi  politica, da almeno dieci anni a questa parte, è appunto solo sulla  loro bellezza, l’invidia per questa, sulla possibilità che  spetta a pochi di toccare e usufruire delle tizie che ci vengono date in visione, e quindi anche funzionale alla costruzione del mito dei pochi privilegiati, ovviamente da invidiare, che usano le veline sempre felicissime di farsi usare.

Non c’è un solo magazine (ricordiamo che il magazine del premier, Chi, vende 800.000 copie, assai più di Repubblica, che ne vende solo 600.000), o una sola trasmissione televisiva da milioni di spettatori che fanno impallidire ogni Santoro e Floris del mondo, che non si occupi esclusivamente e ossessivamente di bellezza femminile, di gambe e di parti del corpo di donne, di carne appunto, come ha detto Michela Murgia.

Lamberto Sposini (e siamo sulla Rai)  parla di cellulite, “prova costume”, e di decolleté da almeno dieci anni sempre lanciando l’argomento come se fosse per la prima volta in esclusiva. Barbara D’Urso si occupa da anni, tutti i giorni, solo di estetica, di chirurgia plastica, e di donne violentate possibilmente da extracomunitari. Ma poi abbiamo Festa Italiana (Rai uno), Uomini e Donne (più di dieci anni, tutti i giorni di “ahò io so’ bella, lei è invidiosa”), Lucignolo, Verissimo,  Buona Domenica, Pomeriggio cinque, Domenica In, Porta a Porta,  Ciao Darwin, non parliamo delle oscenità di Uno Mattina estateMiss Italia, Miss Padania, Miss Maglietta Bagnata. E ovviamente  Grande Fratello e Isola dei Famosi. Senza alcuna pretesa di essere esaustivi, un immenso unico loop che censura l’intelligenza delle donne, e qualsiasi  altro ruolo che non sia la svendita del corpo.

Una visione  diventata nauseabonda, somministrata col biberon fino ad ingozzarci, fino a farci  odiare le poverette che si dimenano con movimenti isterici e uguali, fino a sospettare che si voglia  azzerare il genere femminile, fino – obiettivo cosciente o meno – a mettere a tacere l’intelligenza e la conquista del potere da parte delle donne, di cui appunto si ha paura. Esattamente come si ha paura dell’immigrato. E’ l’Altro che sfugge dal controllo. Ed è questo  il punto centrale di tutta l’ossessione monotona e patologica, e la ragione di una simile resistenza culturale: la paura della perdita di identità proporzionale alla mancanza di  stabilità propria e di riferimenti culturali solidi interiori, di  individui come di una nazione. Basta osservare Sgarbi: dalla gestualità alle parole alle urla, per percepire i suoi immensi problemi con le donne.

E’ vero che è in corso un’autentica perdita di identità collettiva, ma certo la causa non è la donna che prende potere nella res pubblica, né  l’immigrato, ma sta avvenendo grazie al progressivo disinvestimento culturale. Un intero paese come il Grande Fratello, non ha né può  avere o aspirare ad avere un’identità, che ovviamente non si riassume in una bandiera, o un inno. E più ci stiamo cancellando come Italia più radicalizziamo la paura dell’Altro e i miti televisivi. (Sul vuoto di una simile mentalità e di alcuni – inconsapevoli – protagonisti, ottima la scena dedicata alla tv italiana nel film di Sofia Coppola, Somewhere).

A Michela Murgia vincitrice del Campiello (cosa che a lui non è mai riuscita, come non è mai riuscito ad entrare nella “comunista” Normale di Pisa) che protesta contro l’ennesimo tributo alla subcultura, in uno spazio inoltre che dovrebbe escluderla, Sgarbi suggerisce di studiare. Altra  esortazione  che dovrebbe  rivolgere a se stesso, vista la scarsissima credibilità che ha nel suo settore al di fuori del circuito televisivo. Al solito,  dimostra  di essere  più atletico che intelligente, aggiungendo:  “C’è una ragione perché non ha avuto gli apprezzamenti di Vespa; evidentemente non se li meritava”.

Certo, sogno di ognuna è meritarsi i complimenti di Vespa, dunque Sgarbi  suggerisce  alle donne cosa fare: essere belle e preparate (come le hostess di Gheddafi bell’aspetto e conoscenze umanistiche). Mette così  in mostra, ancora di più, la sua inconsistenza e la sua paura. Se una donna è bella ed è anche preparata il fatto che si parlerà della sua bellezza e non della sua preparazione è infatti, per uno come Vespa o Sgarbi, rassicurante. Tenere sempre il dibattito sulla  bellezza della donna, definirne i canoni, e quindi controllarli, ha azzerato, o almeno tende ad azzerare la forza e l’imprevedibilità di questa. Troppo sarebbe mettere in gioco il proprio desiderio e le proprie competenze. Meglio occuparsi della cellulite e del decolleté, e mantenere  a questo  livello il dibattito, che non accorgersi che le donne vanno sulla luna da un pezzo. E  possono guidare una nazione.

Ancora una volta è in gioco lo spazio pubblico delle donne, ma il discorso retrogrado tende a  isolarlo sulla categoria della bellezza, che Sgarbi, giustamente, definisce filosofica. Infatti in Italia la bellezza delle donne è diventata una forma di oppressione e di privazione di libertà. E’ bene  dunque che diventi un dibattito filosofico, politico e culturale serio. E che i termini siano ben diversi da quelli posti da Sgarbi e sottratti dal ciarpame televisivo.

Allo stesso modo Sgarbi nel suo maleducato articolo cita Rosi Bindi, la cui risposta “non sono una donna a disposizione” ha considerato “fragile” perché:  “pensa che orrore essere desiderati da una Bindi”. Mancando, da immenso analfabeta (peccato perché ha un’ottima sorella) tutto l’aspetto simbolico e politico che c’era in quella frase. Cioè Bindi si è posta come rappresentante di un elettorato, e si è offesa per tutte le italiane comprese quelle che non la voterebbero mai; Berlusconi si è posto come imitatore di Alberto Sordi riuscendo come al solito molto bene (quindi fossi in Sgarbi non rivendicherei ad ogni piè sospinto la paternità di quella famosa frase).

Dunque Vespa ha fatto Vespa. Si deve ancora far perdonare 50 ore di servizio pubblico su Cogne che con la Vita in diretta fanno 100 (a Santoro gli si perdona molto molto meno “pagato con i soldi di tutti”), ha impiegato risorse pubbliche, per anni, allestendo puntate  sulle gambe delle donne, sui  calendari, sulle  veline e su attizzamenti vari, chiamando sempre un parterre i cui punti forti sono  Alba Parietti (una che parla praticamente solo di invidia sentendosi Heidegger) e della quale vediamo le gambe sempre  inquadrate dal piede, e Lory Del Santo che ormai dice la sua su qualsiasi argomento interpretando Bouvard e Pécuchet meglio di tutti, perfino meglio della Santanché. Il tutto corredato da un servizio storico partendo dalle Kessler ( l’anno prossimo si partirà da Garibaldi) per farci vedere a noi che siamo a casa, che è sempre stato così dai tempi del cucù, e quindi chi si lamenta è perché non sa da dove viene.

La questione sarebbe eminentemente politica, solo che Vespa da solo non ci arriva. E non ci arriva manco Sgarbi: invitato ovunque  in quanto estimatore di quadri e di  femmine che chiama per lo più “gnocca”, ha contribuito a depistare con i suoi numerosi scomposti interventi (sempre unico acculturato in parterre e conduzione  di analfabeti) tutto il dibattito italiano sulle donne.

E’ un peccato non accorgersi che le donne (ma moltissimi uomini anche), soprattutto quelle che leggono, se vedono Vespa, e spesso anche lui, per lo più vomitano (questo  per la prossima degli organizzatori del premio Campiello), e soprattutto se una scrittrice c’ha il decolleté più o meno, se ne strafregano, anzi leggono la scrittrice perché sanno e sperano che con buone probabilità una scrittrice non scriverà le solite idiozie sulle donne con le quali veniamo – metaforicamente – lapidate da anni.

 
Pari o Dispare su Mondo Rosa Shocking

Dal portale Mondo Rosa Shocking, l'intervista a Serena Dinelli, Coordinatrice gruppo media

 

http://www.mondorosashokking.com/QuotaD/Pari-o-dispare

 

 

Pari o Dispare nasce come comitato impegnato nel contrasto agli stereotipi di genere. Abbiamo intervistato Serena Dinelli, colei che guida il gruppo "Donne, media, comunicazione", in questo momento particolarmente impegnata sul fronte RAI con la richiesta di un osservatorio sulle discriminazioni di genere.

Come nasce Pari o Dispare e quali obiettivi si pone?
L'idea è nata mentre l'Italia stava recependo la Direttiva Europea 54 sulla parità donne/uomo nel lavoro (finalmente! la Direttiva è del 2006, il recepimento del 2009). La Direttiva offre un vasto campo di azione a chi voglia lavorare per la parità donna/uomo nel lavoro, anche se troppe donne forse ancora non la conoscono. In realtà da tempo e in molti modi l'Europa spinge per la parità, per esempio anche nel campo dell'immagine delle donne nei mezzi di comunicazione (non toccato dalla  Direttiva 54). Ma l'Italia continua ad essere un paese dove è difficile concretizzare i cambiamenti. Allora è nata l'idea di fondare un Comitato che segua in modo attento le questioni della parità di genere e della meritocrazia (che avvantaggia le donne). Personalmente ho trovato l'idea interessante perché si è partiti subito aggregando donne già attive e iniziative già esistenti, anche molto diverse, che di solito però non cooperavano insieme. Questo complica il lavoro, perché veniamo da culture e esperienze disparate, ma costituisce anche un grande potenziale: tutte le socie sono persone ricche di iniziative, mi dispiace non poterle citare una ad una. A proposito di diversità, per esempio, la più giovane ha 27 anni (la nostra Segretaria), la più anziana una settantina, e proveniamo da aree diverse, con una prevalenza di donne attive in azienda, nelle università, nell'associazionismo e nella comunicazione. La nostra Presidente è un'eminente economista, Fiorella Kostoris, la Presidente onoraria è Emma Bonino, Vicepresidente del Senato. Abbiamo tre aree di lavoro: "Donne, mercato del lavoro e società", "Donne, Media e comunicazione" e "Autorappresentazione di genere". L'area Media è importante in Italia: qui più che altrove i Media oscurano le donne vere e rappresentano il femminile in modo stereotipato, il che non facilita lo sviluppo di una cultura moderna.

In breve, come descrivere questo modo di rappresentare le donne nei nostri media?
Per dirla in breve, da molti studi risulta  una grande abbondanza di donne tipo "velina", una scarsità di donne competenti (non solo in campi "femminili", dall'estetica allo spettacolo), un'abbondanza di donne come "vittime", un'oscuramento delle donne politiche e così via. C'è inoltre un massiccio uso mercificato del corpo femminile per vendere, fare audience ecc. Su questo ha lavorato Lorella Zanardo, che fa da tempo un grande lavoro, sia di monitoraggio che di sensibilizzazione dei giovani, a partire dal suo film "Il corpo delle donne", ed è anche lei socia di Pari o Dispare.

Quali iniziative state attuando per diffondere un'immagine delle donne italiane più  moderna, emancipata, istruita?
Proprio in questi giorni il Comitato ha promosso una iniziativa che ci sembra molto utile: la RAI sta rinnovando la Convenzione che regola la sua attività. Questo consente di smuovere le acque. Un nostro emendamento propone che la RAI affidi, in modo trasparente, a uno o più istituti di ricerca un Osservatorio per un monitoraggio continuo dei modi in cui le donne e gli uomini vengono rappresentati nei programmi. Chiediamo anche che i dati siano via via resi pubblici e che uno spazio RAI on line consenta commenti e proposte da parte di chi guarda; inoltre, seminari di riflessione e aggiornamento per il personale, come è stato fatto in altri paesi. Già prima, su iniziativa propria di Gabriella Cims, Coordinatrice presso il Governo dell'Osservatorio sulla Direttiva Europea Media e Audiovisivi, un folto gruppo di personalità aveva proposto che nel contratto ci fosse una maggiore attenzione ai modi in cui le donne sono rappresentate e/o sottorappresentate, almeno nella TV pubblica.  La nostra proposta di emendamento sarà discussa martedì 18 maggio in Commissione Vigilanza in Parlamento, e ha avuto subito l'adesione di molte decine di parlamentari di maggioranza e opposizione, stiamo anche raccogliendo firme on line e su Facebook. Si è creata una bella sinergia anche con l'iniziativa della Cims. Poi, il 10 giugno a Milano, alla Statale, faremo una iniziativa sui Media, con Emma Bonino, la Presidente Kostoris, la Zanardo, la Cims, con videos nostri e con testimonials importanti, di cui alcuni già ci hanno "messo la faccia" in videos curati da Cristina Tagliabue (anche lei socia) e dal suo team: da Gad Lerner a Syria, da Cecchi Paone a Concita de Gregorio a Igor Barbazza... Invitiamo tutte e tutti a partecipare. Tra l'altro la nostra associazione è aperta anche agli uomini, credo che molti di loro possano essere interessati a una cultura del merito e a un'Italia più moderna. Abbiamo molte idee che mi sembrano buone da sviluppare, ma ci vuole tempo. Dobbiamo anche raccogliere fondi per reggere questa complessa attività. Il lavoro da fare è tanto e noi siamo un'associazione...  Ma stiamo crescendo, tante le nuove adesioni.  Comunque ci sembra importante parlare anche con chi la comunicazione la fa: a volte sembra che non si rendano conto di quante persone fanno arrabbiare, magari silenziosamente. E noi donne dobbiamo cominciare ad usare meglio il potere che abbiamo e di cui a volte sembra che non ci rendiamo conto...

Per esempio?
Un solo esempio. Siamo consumatrici e leader nel consumo familiare: perché dovremmo sopportare certe pubblicità offensive per noi? E' forse ora di "disabituarci" a questo andazzo e farci sentire.

L'Italia non è un paese amico delle mamme. Lo dimostrano le ingenue esternazioni della ministra Gelmini, le polemiche nate dall'intervista ad Ilaria D'Amico, da centinaia di storie di donne normali o in carriera che perdono il lavoro perché hanno avuto la malaugurata idea di mettere al mondo un figlio. State pensando a opere di sensibilizzazione cosicché fenomeni come questo mobbing sommerso emergano?
E' un problema ben presente, entro il Gruppo “Mercato del lavoro e società” si è formato un sottogruppo di lavoro, per ora non siamo arrivate a iniziative concrete, ma esistiamo da solo quattro  mesi... Come è emerso da un bellissimo recente convegno a Mantova, “Sui generis”, dedicato alla parità nel lavoro, gli imprenditori intelligenti sanno andare al di là degli sciocchi pregiudizi sulle donne: se si opera sulle leve dell'articolazione degli orari, sui servizi, su una cultura di condivisione familiare con gli uomini, sulla flessibilità, le donne sanno dare ottimi apporti. Lo dice anche la D'Amico parlando dei suoi datori di lavoro. E lo dimostra il fatto che i paesi europei dove le famiglie hanno più figli oggi sono anche quelli dove le donne lavorano di più fuori casa, con condizioni di supporto reale.

Per le adesioni all'iniziativa Osservatorio si può scrivere a Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. , andare su Facebook o al sito www.pariodispare.org

 
A proposito di donne e osservatorio rai... ecco cosa scrive Caterina Soffici

Da Il Riformista (sabato 29 maggio 2010)

 

di Caterina Soffici

 

Tocca spiegare proprio tutto a questa gente. E ogni volta che sei costretto a farlo passi per bacchettone e/o per moralista o entrambi insieme, e viene da ridere a immaginare Emma Bonino e tante altre donne e uomini di destra e di sinistra o anche di niente (perché l’iniziativa nasce non dalla Melandri, come è stato scritto, ma dall’associazione “Pari o Dispare” ed è trasversale e apolitica e non sessista) come a un gruppo di suore con le gonnellone e di preti con le camicette abbottonate.

Questa è la notizia: su iniziativa del comitato presieduto dalla Bonino  e con il voto di 70 parlamentari di tutti gli schieramenti (per lo più uomini, va precisato), è stata approvata in Commissione di vigilanza della Rai l’istituzione di un Osservatorio che servirà a monitorare la rappresentazione distorta della figura femminile. Per farne che? Intanto per sapere cosa succede dentro la televisione. E poi, sulla base dei dati raccolti, chiedere eventuali provvedimenti contro lo svilimento dell’immagine della donna come viene rappresentata dalla tv. L’altra sera mio figlio di nove anni è passato davanti al video mentre scorreva la sigla di “Striscia la notizia” e ha domandato: “Mamma, perché quella signorina sta in mutande sul tavolo?” Osservazione ineccepibile. Noi adulti siamo talmente assuefatti che non ci stupiamo più. Il bambino vede che il re è nudo (pardon, la velina è nuda) e chiede perché. Vagli a spiegare che quella signorina sta in mutande sul tavolo perché è la parodia delle signorine che stanno in mutande sul tavolo. Il concetto non è semplicissimo per un bambino e non credo che la maggioranza dei telespettatori colga la sottile ironia alla base della parodia.

Ma sarebbe troppo facile ridurre il problema a un semplice fatto di culi e tette, che pure sono sovrabbondanti. Le donne in tv sono ridicolizzate (vedi la Pupa e il Secchione), umiliate (vedi le Veline e le vallette), mostrate per stereotipi (vedi la cuoca/casalinga nella cucina più amata dagli italiani che prepara il pranzo all’uomo che non deve chiedere mai). Secondo un’indagine del Censis condotta su 578 programmi nei sette canali nazionali, i temi a cui l’immagine della donna viene più spesso associata sono quelli di spettacolo e moda (31,5 %), violenza fisica (14,2%) e giustizia (12,4%). Raramente alla politica (4,8 %), alla realizzazione professionale (2%) e all’impegno nel mondo della cultura (6,6%). A tutto ciò, come alle signorine nude sul tavolo, siamo talmente abituati da non rendercene più conto.

A qualcuno evidentemente piace una televisione così. Sul Foglio Annalena Benini rivendica il diritto delle pupe televisive a non essere salvate dalle filosofe e ironizza sull’iniziativa  parlando di “un posto dove si controllano gli spacchi delle gonne e i balletti Rai delle ragazze, una stanza dove giorno e notte osservatori monitorano le labbra a canotto, determinano la quantità massima di tette esponibili e la grandezza minima dei costumi indossati dalle concorrenti dell’Isola dei famosi”. Ragionamento legittimo ma non condivisibile, soprattutto perché quel modello visto nel piccolo schermo condiziona e plasma profondamente l’immaginario collettivo. E’ un discorso moralista? Parlate con gli educatori e i  genitori alle prese con ragazze e ragazzi adolescenti, che a quelle signorine in mutande ispirano la propria estetica.

Sul Giornale la notizia diventa surreale: “Sinistra moralista. Basta scollature, la Melandri abbottona la tv”. Nel sommario si spiega “la Melandri convince il Parlamento a istituire un osservatorio che sorvegli i buoni costumi della Rai”.

La Melandri, come abbiamo visto, non c’entra nulla. La sinistra neppure. I “buoni costumi” tanto meno. Sotto accusa sarebbero “star e ospiti con gambe nude e décolleté vertiginosi” e si accosta il tutto alla Rai di Bernabei quando le gambe delle Kessler facevano scandalo e si misurava in centimetri la carne scoperta sulla pancia della Carrà nel Tuca tuca.

Cosa c’entra? Niente. Eppure sono le donne le prime a non capire che non è una bella cosa se le donne in televisione sono pupe, veline o casalinghe. L’osservatorio non servirà a niente? Stiamo a vedere. Intanto cominciamo a vedere quante sono le donne ospiti nei programmi di politica, compresi quelli di sinitra doc, da Annozero a Ballarò a Chetempochefa, dove non si abbonda certo con presenze femminili di peso. Contiamole e scopriremo che l’80 per cento delle donne che appaiono in tv sono casalinghe, veline o scimunite. Questa è una giusta rappresentazione delle donne? Non siamo sempre allo solito fastidioso stereotipo? Lo dico sperando di essere smentita.

 
Oltre gli stereotipi nei media: cominciamo dalla previsione nel contratto di servizio RAI di un Osservatorio indipendente sui programmi

Pari o Dispare, associazione che vede numerose donne e uomini appartenenti a diverse categorie professionali, diversi orientamenti politici, associazioni femminili aderenti, ha come Presidente Onoraria Emma Bonino e come Presidente l'economista Fiorella Kostoris. Tra gli obiettivi di Pari o Dispare, comitato per il raggiungimento della parità uomo-donna, per il riconoscimento del merito e dell'irrinunciabile risorsa di crescita e sviluppo che le donne rappresentano in Italia e nel mondo, vi è un impegno forte contro gli stereotipi di genere nei media.

Siamo convinte che la società italiana abbia il diritto- dovere di essere rappresentata in modo da tener conto anche della crescente popolazione femminile che partecipa con successo alla vita economica del paese, raggiungendo ruoli di responsabilità pur dovendo superare un contesto oggettivamente ostile e sfavorevole rispetto alle donne europee.

 

 


Comitato Pari o Dispare