E se dopo Arcore la donna oggetto non vendesse più?
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Scritto da Redazione PoD  Mercoledì 23 Marzo 2011 23:26   

Vi segnaliamo questo interessante articolo di Daria Bignardi, tratto dall'ultimo numero di Vanity Fair appena uscito e che riporta anche la notizia dell'iniziativa di Pari o Dispare sul Manifesto per l’utilizzo responsabile dell’immagine femminile, sottoscritto da numerose aziende e multinazionali e presentato lunedì scorso.

Da Vanity Fair del 23 marzo 2011

di Daria Bignardi

http://barbablog.vanityfair.it/

 

Se le notti di Arcore e le piazze del 13 febbraio non servissero a far cadere Berlusconi, sarebbe meglio. C’è qualcosa di malsano quando un leader cade in modo traumatico e giudiziario, e chi non ama questo governo dovrebbe sperare di batterlo con gli strumenti della politica, non in tribunale. La sensazione però è che forse stiamo per assistere a un cambiamento nel costume, nell’immagine in cui le donne vengono rappresentate, e che i modelli femminili illuminati dalle serate del bunga bunga, dai quali un milione di donne il 13 febbraio hanno scandito la loro distanza, potrebbero essere stati la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Quante volte ne abbiamo scritto, e quanto volte ci siamo lamentati perché in Italia la pubblicità e la televisione evocano continuamente un modello di donna troppo simile a un oggetto sessuale, più che in ogni altro Paese del mondo? Ci diedi un esame all’università 25 anni fa, sugli stereotipi femminili nei media, e già se ne parlava da un pezzo. Eppure forse stavolta qualcosa si sta muovendo davvero, forse le donne si stanno veramente rompendo le scatole di essere sempre rappresentate come adolescenti semianoressiche o improbabili maggiorate dallo sguardo allusivo.


Le donne vere non vanno in giro solo in shorts e tacchi a spillo e non passano il tempo a gonfiarsi seni, labbra e zigomi: sembra banale ripeterlo ma non è banale se si guardano le pubblicità e certi programmi televisivi. Ci siamo abituati a questi modelli così come ci eravamo abituati al fumo nei cinema e nei ristoranti, ma ora che non si fuma più al cinema non sembra incredibile che ci sia stato un tempo in cui vedere un film voleva dire dover respirare il fumo degli altri per due ore? Forse è possibile sperare di vivere in un Paese in cui i bambini non crescano assediati da modelli femminili assurdi o volgari, dove seni sederi e inquadrature ginecologiche diventeranno solo un ricordo surreale come il fumo nei cinematografi.
Lunedì 21 marzo, a Milano, l’associazione Pari o Dispare ha organizzato un convegno con i responsabili di aziende importanti, moderato da Gad Lerner e concluso dalla sua presidente onoraria Emma Bonino, per presentare «un Manifesto per l’utilizzo responsabile dell’immagine femminile, con l’obiettivo di creare un cambiamento positivo e innovativo per superare gli stereotipi di genere». Che sia arrivato finalmente il momento in cui le aziende, la pubblicità e il marketing hanno deciso di mettere seriamente in discussione le loro scelte di comunicazione? Che si siano resi conto che certi modelli sono noiosi, vecchi, poco stimolanti e a volte pericolosi, e che le donne ne hanno veramente piene le tasche? Per non parlare degli uomini, che la pubblicità ritiene tout court dei cazzoni arrapati ansiosi di precipitarsi a comprare qualunque oggetto appena vedono un décolleté: anche loro dovrebbero cominciare a trovare un po’ di dignità e ribellarsi allo stereotipo di se stessi.
Propositi che ci ripetiamo da trent’anni, ma potrebbe essere la volta buona che qualcosa stia cambiando davvero. Meglio arrivare ultimi, che non arrivare mai.

 

 

 

Commenti 

 
#1 giochi casino 2011-06-01 13:23
L'articolo è grande la ringrazio molto per il tempo di condividere con quelli che iniziano in materia. Saluti. Sono contento che è venuto attraverso il vostro sito e trovare informazioni utili ..
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Comitato Pari o Dispare