Massima attenzione per le sorti della Casa Internazionale delle Donne

| 22 novembre 2017 | 0 Commenti

Alla Sindaca di Roma e agli uffici competenti del Comune di Roma

Le scriviamo a proposito della intimazione di sfratto alla Casa Internazionale delle Donne.

Da cittadine e cittadini di Roma siamo interessate/i a tutte le iniziative che migliorino la qualità dei servizi della nostra città, ne amplino l’offerta culturale, la tutela per le fasce più a rischio della popolazione, ma siamo anche molto attenti a tutto ciò che favorisca la trasparenza della spesa pubblica.

 Proprio per questo, cogliamo l’occasione della lettera che il Comune di Roma ha inviato alla Casa Internazionale delle Donne, storica sede femminista ricca di attività e supporti di ogni tipo per le donne italiane e straniere, per invitarLa ad aprire un dibattito aperto e cristallino sul patrimonio immobiliare locato o messo a disposizione dal Comune di Roma a enti, associazioni, organizzazioni di ogni tipo, con una specifica non solo sui canoni di locazione, ma anche lo scopo e la pubblica utilità degli stessi.

 Vorremmo quindi capire se quanto si intende disporre per la Casa Internazionale delle Donne, insieme di organizzazioni che producono servizi di assistenza legale, psicologica, corsi di genere, attività culturali e formative, sia previsto anche per altre organizzazioni o immobili in cui vi siano debiti pregressi.

Osserviamo infatti che il canone di affitto non è proprio amico: 8 mila euro al mese a fronte di una manutenzione, perfettamente attuata,  di questa  struttura molto impegnativa, trattandosi di un palazzo antico, un ex carcere femminile e convento.

Sarebbe interessante capire, sempre in virtù della trasparenza, quale dovrebbe essere il futuro del Palazzo in via della Lungara, qualora il Consorzio della Casa Internazionale delle Donne non riuscisse a pagare il debito di più di 800 mila euro, maturato in diversi anni in soli 30 giorni, limite quanto meno proibitivo.

Lo stesso Comune di Roma, oggi così rigido nell’applicare un contratto penalizzante, qualche tempo fa aveva calcolato in 700 mila euro il valore dei beni e servizi prodotti a titolo gratuito dalla Casa Internazionale per cittadine e cittadini, dei quali oggi non è certo diminuito il bisogno, data la riconosciuta disparità di genere ancora presente in Italia.

Davvero non è possibile abbattere il debito o addirittura cancellarlo, anche alla luce di questa stima che lo stesso Comune aveva fatto?

Quale potrebbe essere un’altra destinazione per un palazzo storico di quel tipo, con quella struttura molto particolare e con quella storia, così indissolubilmente legata al racconto, alle sfide e alle scommesse delle donne in questo Paese e nella capitale?

Esiste un utilizzo più proficuo e più opportuno?

E perché invece non aprire un confronto con il Consiglio Direttivo della Casa Internazionale delle Donne per rivedere in modo critico il debito pregresso e per trovare una soluzione che permetta di ripartire, creando nuove opportunità per la Casa Internazionale e per le donne e gli uomini della Città di Roma e del nostro Paese?

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Categorie: Cultura

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